Her Story, il caso di Simon Smith - Recensione
A chi è nuovo nel mondo del gaming come il sottoscritto, il
nome di Sam Barlow probabilmente non dirà nulla. Chi invece, già navigato dell’industria,
conosce l’uomo dietro Silent Hill: Shattered Memories e Aisle, non farà fatica
a chiamarlo folle sperimentatore. Già in quel mezzo spin-off mezzo remake del
primissimo Silent Hill Barlow mostrò al pubblico la sua voglia di sperimentare,
modificando pesantemente gli standard della serie e forgiando un nuovo modo di
concepire il survival horror, tra i suoi pregi e i suoi difetti. Tuttavia il
Designer americano non aveva mai ricoperto un ruolo estremamente incisivo nello
sviluppo di un videogame. Almeno fino ad oggi, l’oggi del 24 giugno 2015, data
di uscita del suo primo titolo indipendente: Her Story. Scopriamo quindi perché
ritengo la storia della scomparsa di Simon Smith un caso che vale la pena
risolvere.
"Un gioco su una donna che parla alla polizia"
Che Her Story sia un titolo altamente particolare lo si capisce già dai primi secondi di gioco. Senza introduzioni formali né fronzoli di alcun genere, il giocatore si scontra subito con la schermata principale: un desktop virtuale tributo al Windows degli anni ’90 da cui partiranno le nostre indagini. Sebbene l’obiettivo del gioco sia appunto quello di scoprire la verità su di un caso rimasto ancora irrisolto, il metodo con cui affronteremo quest’indagine è pressoché unico; tra le mani avremo solamente le registrazione degli interrogatori di Hannah Smith, moglie di Simon, e in base alla sua versione dovremo ricostruire la vicenda. Purtroppo, a causa di un allagamento che ha raggiunto i server, le registrazioni sono state danneggiate, e pertanto al posto delle versioni integrali sono a nostra disposizione solo determinati spezzoni. Inoltre, data la poca memoria del Pc da cui operiamo, è possibile sì cercare i video mediante parole chiave pronunciate dalla protagonista, tuttavia potremo visionare solo i primi cinque dell’elenco risultati. Ne consegue che non tutti i filmati sono disponibili sin da subito e che per cercare quelli più particolari dovremmo affinare la ricerca con più parole o utilizzare una parola ben specifica.
Che Her Story sia un titolo altamente particolare lo si capisce già dai primi secondi di gioco. Senza introduzioni formali né fronzoli di alcun genere, il giocatore si scontra subito con la schermata principale: un desktop virtuale tributo al Windows degli anni ’90 da cui partiranno le nostre indagini. Sebbene l’obiettivo del gioco sia appunto quello di scoprire la verità su di un caso rimasto ancora irrisolto, il metodo con cui affronteremo quest’indagine è pressoché unico; tra le mani avremo solamente le registrazione degli interrogatori di Hannah Smith, moglie di Simon, e in base alla sua versione dovremo ricostruire la vicenda. Purtroppo, a causa di un allagamento che ha raggiunto i server, le registrazioni sono state danneggiate, e pertanto al posto delle versioni integrali sono a nostra disposizione solo determinati spezzoni. Inoltre, data la poca memoria del Pc da cui operiamo, è possibile sì cercare i video mediante parole chiave pronunciate dalla protagonista, tuttavia potremo visionare solo i primi cinque dell’elenco risultati. Ne consegue che non tutti i filmati sono disponibili sin da subito e che per cercare quelli più particolari dovremmo affinare la ricerca con più parole o utilizzare una parola ben specifica.
Si cercano video… e poi?
Tutto il potenziale dell’opera di Barlow viene sprigionato proprio durante la visione delle registrazioni, nonostante nella grammatica videoludica sorbirsi passivamente filmati sia indice di momenti morti del gameplay. In Her Story, complice una performance ineccepibile dell’attrice che interpreta Hannah Smith, ogni micromovimento, ogni stacco di montaggio, ogni frase, è realizzato in maniera tale da toccare le corde della curiosità di chi guarda e spingerlo a scavare sempre più affondo nella vita della protagonista. Un filmato contiene un’informazione che lo collega ad un altro filmato, quest’ultimo anch’esso connesso in modo sottile ad un altro e così via; spetta al giocatore collegare gli eventi e rimettere a posto i pezzi del puzzle fino a giungere al finale, o meglio, al proprio finale dato che l’epilogo di Her Story non è contenuto in un’unica registrazione, bensì è frutto del ragionamento dell’utente.
Tutto il potenziale dell’opera di Barlow viene sprigionato proprio durante la visione delle registrazioni, nonostante nella grammatica videoludica sorbirsi passivamente filmati sia indice di momenti morti del gameplay. In Her Story, complice una performance ineccepibile dell’attrice che interpreta Hannah Smith, ogni micromovimento, ogni stacco di montaggio, ogni frase, è realizzato in maniera tale da toccare le corde della curiosità di chi guarda e spingerlo a scavare sempre più affondo nella vita della protagonista. Un filmato contiene un’informazione che lo collega ad un altro filmato, quest’ultimo anch’esso connesso in modo sottile ad un altro e così via; spetta al giocatore collegare gli eventi e rimettere a posto i pezzi del puzzle fino a giungere al finale, o meglio, al proprio finale dato che l’epilogo di Her Story non è contenuto in un’unica registrazione, bensì è frutto del ragionamento dell’utente.
“And all these stories we’ve been telling each other… Just
that. Stories.”
La narrazione nonché la meccanica alla base del gioco si
lega indissolubilmente alla performance di Viva Seifert, attrice dei
live-action, pertanto, il gioco è disponibile solamente in lingue inglese. Per
quanto discutibile sia questa scelta, bisogna ricordare che al momento Barlow è
uno sviluppatore indipendente e non può assolutamente affrontare i costi di una
localizzazione, e inoltre a mio avviso il gioco andrebbe lasciato nel suo
idioma per meglio godere della prova d’attrice della Seifert.
Una piccola nota di merito anche all’accompagnamento musicale che riesce a coccolare il giocatore tra un video e l’altro conciliando il lavoro mentale – à la Professor Layton, insomma, seppur priva di quei virtuosismi dei Puzzle Themes - . Sa incalzare nei momenti salienti e sa ammutolirsi quando c’è bisogno di pensare. Davvero un ottimo lavoro.
Una piccola nota di merito anche all’accompagnamento musicale che riesce a coccolare il giocatore tra un video e l’altro conciliando il lavoro mentale – à la Professor Layton, insomma, seppur priva di quei virtuosismi dei Puzzle Themes - . Sa incalzare nei momenti salienti e sa ammutolirsi quando c’è bisogno di pensare. Davvero un ottimo lavoro.
Pensiero Finale
Per quanto sia difficile elogiare una storia senza presentare prove concrete,
quella di Her Story è una grandissima prova di scrittura superata a pieni voti
e non ho intenzione di fare spoiler a riguardo. L’opera di Barlow gode di una
narrazione arzigogolata ma mai di difficile intuizione, coadiuvata dalla
recitazione magistrale di Viva Seifert. Tuttavia Her story è un videogioco
puramente sperimentale e perciò non adatto a chi non è aperto alle novità. Per
chi invece non vede l’ora di vivere una storia narrata in modo eccelso, il
titolo è disponibile da più di un anno su Pc e da qualche mese su mobile. Non
perdete tempo, la storia di Hannah Smith attende solo di essere svelata.



Commenti
Posta un commento