Life is Strange, la farfalla dalle ali blu - Recensione




 "Nomen Omen” dicevano i latini, il destino è nel nome. Magari è con questa filosofia che i ragazzi di Dontnod hanno chiamato la loro primissima opera “Remember Me” nella speranza che tale nome restasse effettivamente impresso nelle menti dei videogiocatori. Il caso però è un burlone, perché a distanza di anni dall’uscita, pur essendo abbastanza valido, Remember Me non rappresenta un nome altisonante ed è ancora oggi uno dei titoli meno conosciuti di tutti i tempi. Al di là del fallimento generale però, Square Enix colse i pregi di quell’opera, prima fra tutte una narrazione degna di nota, e decise di continuare ad investire nella casa di sviluppo. I Dontnod ebbero quindi la possibilità di concentrarsi su un secondo progetto chiamato Life is Strange.


Se una farfalla sbatte le ali in un bagno di scuola...
Max Cauldfield è una ragazza diciottenne ritornata ad Arcadia Bay per studiare fotografia. L’incontro con Chloe, sua amica storica con la quale aveva perso contatto, è purtroppo segnato da un incidente mortale che coinvolge proprio l’amica. In quel preciso momento però, Max scopre di poter riavvolgere il tempo di qualche minuto e cambiare l’esito degli eventi agendo sul passato. Decide quindi di tornare indietro e impedire che Chloe perda la vita, in modo tale da risanare l'amicizia perduta. Tuttavia, la scomparsa di alcune ragazze dalla cittadina e gli inspiegabili cambiamenti climatici porteranno le due protagoniste ad indagare su Arcadia Bay e a
scoprire le pericolose conseguenze delle azioni anche più insignificanti.

Remember Me ce l’aveva in parte anticipato: i Dontnod, quando si tratta di raccontare sanno fare il loro mestiere, e con Life is Strange hanno dato prova del loro talento. Il teen drama messo in opera dai ragazzi francesi è una delle storie più toccanti degli ultimi anni. Durante il corso dell’avventura infatti è letteralmente impossibile non affezionarsi al rapporto di amicizia che lega le due protagoniste, complice anche una gestione della narrativa pressoché perfetta; in Life is Strange infatti i tempi del racconto sono tutti giusti e non si incontrano mai momenti morti né overdose di azione, così come i dialoghi restano sempre coerenti con i personaggi e col contesto. Nessuna scena è fuori luogo e nessuno scambio di battute è sopra le righe: tutto dà la sensazione che la narrativa sia stata effettivamente concepita come un unico racconto e in un unico momento, a dimostrazione di come la scelta di dividere un opera in episodi non sia necessariamente un male per la narrazione.





...un tornado si scatena in una cittadina dell'Oregon
Life is Strange è un’avventura grafica moderna, e in quanto tale lascia molto più spazio alla narrativa che al gameplay. Proprio come accade con le produzioni di David Cage insomma, è la storia ad essere sempre sotto i riflettori, con il gameplay che nulla è se non un mero mezzo attraverso il quale si compie la narrazione. Di norma nei titoli appartenenti a questo genere le decisioni sono il punto più alto del gameplay proprio perché grazie a questo espediente la trama muta e si adatta al giocatore; in Life is Strange le scelte rivestono ancora un ruolo fondamentale, ma sono i poteri di Max a portare un po’ di aria fresca. Con la pressione di un tasto possiamo infatti riavvolgere il tempo conservando memorie e oggetti, e li possiamo sfruttare per modificare ancora di più il futuro. Volendo fare un esempio banale, possiamo far spostare una nostra amica dal marciapiede così che la macchina che passerà sulla pozzanghera lì di fianco non la bagni, oppure ancora possiamo aiutare un nostro amico a superare un test fornendogli le risposte sbirciate poco prima (o dopo?) dal quaderno della professoressa. Tuttavia, i poteri di Max le permettono di riavvolgere solo pochi minuti, e sono inoltre limitati ai luoghi in cui si trova: una volta presa una decisione, questa potrà essere modificata quante volte si vuole solo ed esclusivamente se restiamo nell’area di quell’evento. Una volta allontanatici dunque non si torna indietro, e non è possibile assistere effettivamente alle conseguenze a lungo termine di una scelta. Alle decisioni semplici come quelle di poc’anzi non gli si dà troppo peso, ma è quando ci si trova difronte a scelte ambigue dalle conseguenze non sempre prevedibili che i poteri di Max trovano una ragion d’essere: è vero che non si può assistere alle conseguenze a lungo termine di una decisione, ma si può giudicare quale strada intraprendere in base alla reazione di uno o più personaggi, compresa Max stessa, la quale resterà dubbiosa ad ogni decisione presa dal giocatore per incitarlo a scoprire tutti i rivolti possibili di un determinato evento.
Capita però che in alcune sezioni di gioco più avanzate, per fortuna rare e brevi, in favore della narrativa la libertà di azione venga meno. Tornare indietro nel tempo con Max e riprovare ogni singola azione nella speranza di trovare la risposta giusta (e sto guadando soprattutto te, capitolo 5) trasforma per brevi istanti l'avventura grafica in un banale Trial-and-error, in cui si va a tentativi per proseguire nella trama. Prendono giusto una manciata di minuti e non incidono troppo sul ritmo della narrazione, ma 
ciò a molti potrebbe dare non poco fastidio.

 


Life is paint
Lo stile grafico scelto da Dontnod è particolare – e forse addirittura unico dato che ogni texture nel gioco è disegnata ad acquerello. Grazie a questa tecnica, gli scenari assumono un volto più morbido e dalle linee più dolci, aiutati anche dalla non eccessiva conta poligonale dei modelli. Insomma, Dontnod non ha voluto affatto approcciarsi al fotorealismo di cui fanno tanto vanto i colleghi di QuanticDream, ma adottando uno stile molto più rilassato sono riusciti lo stesso a donare un giusto impatto visivo alla loro opera. Un’eccellente regia con i giusti movimenti di macchina risalta al meglio le tonalità acquarello della scenografia, e più di una volta ci si ferma davanti ad una particolare inquadratura ammirando la sinergia di tutti gli elementi a schermo. Ogni scena è coccolata inoltre dalle musiche che accompagnano il giocatore, alcune proprie altre su licenza, che sanno quando entrare in scena e quando lasciar spazio al giocatore. Le uniche piccolezze da segnalare riguardano le animazioni facciali un po' macchinose, e il conseguente lipsync che ogni tanto sfora di qualche sillaba.

Pensiero finale

Life is Strange è stata per tutti una sorpresa. Un’avventura grafica mezza indie che vanta una narrazione curata in tutti i suoi aspetti, un semplice ma efficace gameplay e un accoppiamento grafico/sonoro davvero incredibile. Il rapporto tra le due protagoniste, vera colonna portante della narrativa, porta il giocatore ad affezionarsi al duo e ad immergersi ancora di più in un universo spaventosamente plausibile e coerente con sé stesso. Le canzoni vi resteranno impresse così come alcuni scambi di battute tra Max e Chloe, sintomo di una narrativa sublime che ho già troppe volte elogiato. Insomma, Life is Strange è a tutti gli effetti uno dei migliori giochi del 2015, e mi sento in dovere di consigliarlo praticamente a tutti, anche a chi non è molto aperto ai titoli sperimentali. Sicuramente un eccellente debutto al grande pubblico per Dontnod.


Voto indicativo: 9.0

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