Heavy Rain HD , la pioggia incessante - Recensione
Pioggia melanconica
Heavy Rain è la storia di quattro personaggi coinvolti nel caso dell’assassino dell’origami, un serial killer che da qualche anno rapisce bambini per poi farli trovare privi di vita pochi giorni dopo. Ethan Mars, primo personaggio ad essere introdotto e vero protagonista delle vicende, è un giovane architetto che vive assieme alla moglie e i due figli. Nel prologo interamente a lui dedicato, tutto appare –soprattutto visivamente- come un idillio, un frammento perfetto di vita perfetta, colma di amore e serenità. Tuttavia, il quadretto di Ethan si frantuma durante una gita al centro commerciale con la famiglia, dove per una sua distrazione il figlio Jaden viene investito e muore sul colpo. Da quell’esatto momento la vita di Ethan comincia un lento declino in cui tutto sembra andare nel verso sbagliato: entra in coma per sei mesi, divorzia con la moglie, perde il lavoro, e inoltre l’incidente sembra essere la causa dei suoi blackout mentali. Quando, infine, l’altro figlio Shaun sembra esser stato catturato dal famigerato assassino dell’origami, Ethan diviene realmente disposto a tutto pur di salvare l’unico filo che lo lega ancora alla realtà.
Scott Shelby è un ex-poliziotto divenuto ora investigatore privato per conto delle famiglie delle vittime, un bonaccione alcolista sulla quarantina con un innato senso di protezione verso la madre di una delle vittime, Lauren Winter. Madison Paige è una giornalista con una grave forma di insonnia, e per questo si vede spesso costretta a dormire nei motel, unico ambiente che le concilia il sonno. Jayden Norman è un agente dell’FBI mandato a sostengo delle indagini per il killer dell’origami, un uomo che tenta di fare il proprio meglio resistendo a crisi d’astinenza legate al suo passato da tossicodipendente.
Ai più attenti non sarà sfuggito che ogni personaggio presenta almeno un punto di debolezza. Questa, come vedremo per Ethan più avanti, non è una forzatura narrativa per far apparire i personaggi eroici nel vincere le loro paure, tutt'altro, è un modo per farli entrare in empatia col giocatore rafforzando così il legame tra i due.
Heavy Rain è stato ufficiosamente il gioco che ha lanciato il genere delle avventure grafiche moderne, nelle quali a prendere il posto degli enigmi è una trama adattiva. Durante lo sviluppo della trama, infatti, il giocatore è chiamato a compiere determinate scelte morali che influenzeranno pesantemente gli eventi futuri. Al giorno d’oggi è Until Dawn a farsi vanto del tanto ostentato “effetto farfalla”, dimenticando che Quantic Dream è stato il pioniere in questo campo. Al contrario di avventure grafiche moderne la cui trama agisce in un modo predefinito sminuendo le scelte del giocatore, ogni azione compiuta in Heavy Rain modificherà in un modo o nell’altro il futuro; in buona sostanza non esiste il “game over”, dappertutto il giocatore può sbagliare portando indipendentemente avanti la trama. Si deve avere anche paura della morte, in quanto i personaggi hanno più occasioni per perdere la vita, con la storia che prosegue e si adatta di conseguenza. Il gameplay è completamente votato all’immedesimazione del giocatore, raggiunta attraverso comandi che definire semplicistici sarebbe un eufemismo. Eppure, armato esclusivamente di analogico destro e giroscopio, Heavy Rain è in grado di trascinare il giocatore e di fargli vivere in prima persona ogni scena che egli vede attraverso lo schermo, quest’ultimo inteso non più come una barriera ma come un effettivo medium.
Quando ho accennato ad Ethan come vero protagonista delle vicende, non mi riferivo solamente all’importanza preponderante che ha nella trama rispetto agli altri, ma anche ad un sensibile cambio di stile registico del gioco nei suoi confronti. Tutte le sezioni a lui dedicate hanno un che di tenero, talvolta celato nelle inquadratura, altre volte ascoltando i suoi pensieri, altre ancora insito nella scenografia coccolata dall’illuminazione. Può sembrare un’esagerazione, un particolare che ho ingigantito, ma davvero poche volte nei videogiochi ho avvertito questa sensazione nei confronti di un personaggio. Il gioco non ci vuole presentare Ethan Mars, bensì il suo lato più debole e scoperto, in modo tale da far sentire il giocatore più vicino a lui e invitarlo a stringerci un rapporto empatico; tutto ciò a favore di un’immedesimazione totale che spingerà il giocatore a compiere le scelte morali di Ethan come se fosse lui stesso la vittima dell’oppressione psicologia dell’origami killer.
Per quanto concerne il profilo tecnico, Heavy Rain è reduce
di ben poche migliorie grafiche. Laddove i 1080p resi possibili dall’hardware
più performante migliorano di certo la resa visiva di molte inquadrature,
persistono ancora diverse incertezze. Le migliorie più incidenti sono relative alle ombre e alla densità di alcune texture, nonché all'assenza del motion blur in favore di un'immagine più nitida. Il fastidiosissimo tearing nelle cutscene più avide di risorse è sparito, ma subentrato inspiegabilmente nelle scene in CG prerenderizzate, le quali hanno subito solo un processo di upscaling. Solamente upscalate sono anche le texture dei volti dei protagonisti, unica vera modifica nei modelli di gioco dei personaggi. Le animazioni sono sempre le stesse, così come le geometrie in generale. Non c'è un vero motivo, quindi, per chi possiede già il titolo, di acquistarlo nuovamente.
Di tutt'altra fattura è il lato artistico del titolo, che si difende davvero bene ancora oggi. Elemento caratteristico ripreso dal mondo cinematografico è l'utilizzo attivo della scenografia, non intesa più come elenco di oggetti con i quali interagire: i colori e la posizione studiata degli oggetti hanno infatti permesso agli sviluppatori di attuare specifici movimenti di macchina, diventando parte integrante della narrazione. Particolare è infine anche l'uso di più inquadrature simultaneamente, che dona al titolo una certa ricercatezza narrativa. Con ciò è possibile bollare la produzione francese come un'opera transmediale a metà tra cinema e videogioco, che prende il meglio dei due mondi per fonderlo in un titolo quanto più unico che raro.
Di tutt'altra fattura è il lato artistico del titolo, che si difende davvero bene ancora oggi. Elemento caratteristico ripreso dal mondo cinematografico è l'utilizzo attivo della scenografia, non intesa più come elenco di oggetti con i quali interagire: i colori e la posizione studiata degli oggetti hanno infatti permesso agli sviluppatori di attuare specifici movimenti di macchina, diventando parte integrante della narrazione. Particolare è infine anche l'uso di più inquadrature simultaneamente, che dona al titolo una certa ricercatezza narrativa. Con ciò è possibile bollare la produzione francese come un'opera transmediale a metà tra cinema e videogioco, che prende il meglio dei due mondi per fonderlo in un titolo quanto più unico che raro.
Pensiero Finale
Dal punto di vista del mero remastered, il lavoro fatto da Quantic Dream nel tentativo di voler riesumare uno dei capostipiti dell’avventura grafica moderna è, in conclusione, più un pretesto per riproporlo su una piattaforma che un’occasione per donare nuova vita al titolo stesso. Heavy Rain è però un capolavoro della generazione passata, un titolo fuori dagli schemi che a nuovi schemi ha dato vita, e pertanto andrebbe giocato almeno una volta nella propria carriera videoludica.
Dal punto di vista del mero remastered, il lavoro fatto da Quantic Dream nel tentativo di voler riesumare uno dei capostipiti dell’avventura grafica moderna è, in conclusione, più un pretesto per riproporlo su una piattaforma che un’occasione per donare nuova vita al titolo stesso. Heavy Rain è però un capolavoro della generazione passata, un titolo fuori dagli schemi che a nuovi schemi ha dato vita, e pertanto andrebbe giocato almeno una volta nella propria carriera videoludica.
Valutazione finale: 7.5
Valutazione gioco originale: 9
Valutazione gioco originale: 9





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