The Unfinished Swan, il re e l'orfano - Recensione


“Cos’è l’arte?”
Durante il corso della storia, più uomini si sono posti la stessa domanda; ognuno ha provato a dare la sua interpretazione personale all'arte, e come risultato le diverse opinioni a riguardo sono state sempre più disparate. Ma ai giorni nostri, in campo videoludico sono poche le software house che si concentrano sul regalare un esperienza artistica che coinvolga le emozioni di chi gioca piuttosto che sviluppare un titolo solo per i grandi introiti che verrano. A Giant Sparrow –questo il nome di chi c’è dietro The Unfinished Swan- prova a rispondere a questa domanda, e nel farlo riesce ad incantare milioni di persone col pad alla mano: l’arte, secondo il cigno incompiuto, è il ritornar fanciulli.


“Woah”
The Unfinished Swan narra del viaggio di un bambino, Monroe, che segue un cigno scappato da uno dei dipinti incompiuti della madre, defunta da tempo. Armato solo del fidato pennello della mamma, Monroe attraversa una porta mai vista prima e s’imbatte in un mondo totalmente bianco. E questo è quanto, l’introduzione di The Unfinished Swan è una delle introduzioni più concise e dirette degli ultimi decenni, seconda forse solo a quelle di Super Mario. Così, senza preavvisi né fronzoli siamo catapultati nel gameplay; schermo totalmente bianco con al centro un piccolo pallino grigio. Premiamo a casaccio tutti i tasti finché non scopriamo che i dorsali ci permettono di lanciare inchiostro e che questo sporca le pareti. Muovendo l’analogico capiamo che è la visuale è in prima persona e presi dall’entusiasmo spariamo inchiostro a tutto spiano in pieno stile Splatoon. Dal modo in cui si è attaccato l’inchiostro comprendiamo di essere in una stanza con un’apertura sul fianco, varchiamo la sua soglia invisibile –o bianca mimetica, che veder si voglia- e ci ritroviamo all’esterno di un giardino sempre bianco, con un lago, pesci e rospi, ma noi continuiamo a seguire le orme dorate del cigno, finché non giungiamo in un castello circondato da un labirinto interminato che si estende a colpo d’occhio.


Il senso di stupore che regalano le inquadrature di questo gioco sono imparagonabili

Questa sopra descritta è suppergiù la prima ora di gameplay effettivo, ma che purtroppo non è sufficiente per far sì che il giocatore sia completamente immerso in questa fiaba, e ciò costituisce uno dei pochi difetti di The Unfinished Swan che lo preclude solo a chi saprà superare l’impatto grafico del primo capitolo e il senso di smarrimento che ne deriva. Bisognerà arrivare al secondo capitolo, nel quale lo stile grafico prende piena consapevolezza di sé e si mostra in tutta la sua spettacolarità, per farvi addentrare nel mondo di The Unfinished Swan. È difficile per me provare a raccontarvi ciò che si può ammirare nel gioco del cigno incompiuto, certo, potrei parlare delle texture monocolore che donano un tocco minimale al gioco, dell’ottimo filtro antialiasing che smussa ogni contorno e dello stile grafico che cambierà totalmente nei 4 capitoli disponibili riuscendo sempre a sorprendervi, ma ciò non basterebbe a descrivere in toto l’esperienza che vi offre il cigno non concluso.  

Once a kid, forever a kid
Come ho detto nell’introduzione, l’arte per A Giant Sparrow è il ritornar bambini. In The Unfinished Swan si comincia da zero, si è smarriti in un mondo totalmente bianco; senza che nessuno ci dica nulla, impariamo a sparare inchiostro, e pian piano assimiliamo ogni meccanica del gioco, o meglio, ogni implementazione della stessa meccanica per tutto il gioco. Insomma, impariamo a cavarcela da soli in un mondo a noi sconosciuto che non cessa di stupirci. Così rimaniamo attaccati a quella realtà per il puro piacere di scoprire cose nuove, di vivere nuove esperienze. E non è forse il sentirsi di nuovo bambini questo?


Tornando a parlare del gameplay in sé e per sé, mi sembra doveroso dover delinearne le meccaniche che si intrecciano perfettamente col mondo circostante. Di base, con i 4 tasti dorsali si lancerà un liquido che cambia a seconda del livello. Nel primo capitolo, come già accennato, si utilizzerà inchiostro nero per definire i contorni di un paesaggio completamente bianco, senza luci né ombre. Nel secondo capitolo si visiterà una città ombreggiata dove a farla da padrone sono i temuti rampicanti, i quali crescono grazie all’acqua che lancerete dal pennello. Infine, l’ultima parte si articola in due versioni dello stesso luogo, una casa avvolta nell’oscurità attorno alla quale regna un giardino color pece, e sul pennello ritorna l’inchiostro nero, che stavolta accenderà dei frutti-lanterna nei dintorni. Nel titolo è presente la fisica, ma non ci si potrà infliggere alcun danno, neanche cadendo da un’altezza elevata, a conferma del focus da parte degli sviluppatori sull’esperienza emotiva, più che su un gioco vero e proprio. Ciò però potrebbe far storcere il naso a tutti coloro che cercano un gioco il cui gameplay offra varietà e immediatezza, o a coloro che cercano un’avventura relativamente longeva siccome il cigno ha una durata massima di 7 ore. 



In conclusione, mi sento in dovere di ribadire quanto The Unfinished Swan sia dal punto di vista artistico un capolavoro che riesce a far immergere totalmente il giocatore nel suo mondo fiabesco. Con il suo gameplay semplice ma ben ingegnato, riesce a far ritornare bambini e aiuta a rivivere il senso di scoperta e meraviglia tipico dell’infanzia. Tuttavia, il cigno incompiuto fallisce completamente se viene preso in considerazione come un mero videogioco e si considera solo la meccanica di base, che in quel caso apparirà monotona e ripetitiva al pari del mondo che la governa. Insomma, The Unfinished Swan o lo si ama o lo si odia, o si è bianchi o si è neri, in questa circostanza questa frase ci sta tutta.

Valutazione Complessiva: 7.0
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