Metal Gear Solid V: Ground Zeroes - Recensione






















Metal Gear Solid V: Ground Zeores 
Genere: Action/Stealth
Data di uscita: 20/3/2014
Sviluppatore: Kojima Production
Publisher: Konami
Piattaforme: PS3, PS4, X360, X1
Versione Testata: PS4


Metal. Gear. Solid. Il solo pronunciare queste 3 parole riporta alla mente degli hardcore gamer il 1998, data d'uscita di una pietra miliare che segnò un'era nel mondo videoludico. Metal Gear Solid seguiva una trama hollywoodiana con un cast di personaggi caratterizzati in modo eccellente ed un Gameplay da paura, per l'epoca. Tanto fu grande l'onda del successo che nel 2002 uscì Metal Gear Solid 2 Sons of Liberty che come punto negativo ebbe solo la mancanza di Solid Snake, rimanendo qualitativamente come il primo. Poi, arrivò Metal Gear Solid 3. Un fulmine a ciel sereno che ha fatto impazzire ed innamorare migliaia e migliaia di giocatori, compreso il sottoscritto. Metal Gear Solid 4, Portable Ops e  Peace Walker non hanno fatto altro che accrescere l'amore del pubblico nei confronti di questa saga.
 Ma se Capcom con Resident Evil ha dimostrato che protrarre una serie a lungo è dannoso sia per la saga sia per lo sviluppatore, ecco Kojima che annuncia Metal Gear Solid 5 Ground Zeroes: il Metal Gear incompleto per eccellenza.



Iniziamo subito sfatando uno dei miti che gira attorno questo titolo: il gioco supera di gran lunga le chiacchieratissime due ore di durata. Ma proseguiamo con ordine. Già dal menù iniziale possiamo capire che questo capitolo è più cupo rispetto ai predecessori, presentando un menù stitico per i già navigati della serie, ma pieno di sorprese per i novizi. Prima di iniziare a giocare possiamo infatti leggere la trama di Peace Walker, capitolo antecedente, tramite simpatiche didascalie sintetiche quanto la Divina Commedia che ci aiuteranno nel comprendere a 360° la trama della main quest di Ground Zeroes. Passate le suddette modalità, arriviamo alle missioni fulcro del gioco: Ground Zeroes la principale con altre 5 secondarie. 



Here's to you, Chico and Paz
La storia riprende dalla fine di PeaceWalker nel lontano 1984: Chico e Paz, soldati dell'esercito di mercenari del nostro eroe, sono stati rapiti e tenuti in prigionia al Camp Omega e tocca a noi salvarli. Con una premessa alquanto semplice e banalotta, la storia si evolve con quei pochi minuti di cutscene le quali godono di una direzione artistica che solo il grade Kojima sa regalare. Il gioco si apre con la presentazione di Camp Omega, accompagnata magistralmente da un brano di Ennio Morricone, e prosegue con l'entrata in scena del protagonista: Big Boss.
Assieme a lui, vengono spiegate le meccaniche principali che differiscono solo in parte da quelle viste nei capitoli precedenti: il Gameplay di base è sempre lo stesso Stealth, al quale è stata aggiunta una corsa pressoché infinita che facilita gli spostamenti, ma che vi rende più visibili; è stato anche modificato l'inventario, non più infinito, ma con un massimo di due armi primarie ed una secondaria senza considerare eventuali gadget ed esplosivi; la capriola è stata tolta in favore di un tuffo ed infine è stata rimossa la possibilità di bussare contro il muro per attirare l'attenzione delle guardie nei dintorni. 



Metal Gear Sandbox
L'obiettivo di Kojima per MGS:The Phantom Pain è quello di riuscire a creare un' open world dove per completare un livello, bisogna studiare l'ambiente a 360° per poi agire come meglio si crede utilizzando tutti gli elementi messi a disposizione dello scenario. È del tutto lecito, quindi, agire furtivamente per arrivare al bersaglio senza destare sospetti, oppure prendere una torretta di passaggio e dar vita a vere e proprie carneficine. Tutto questo si rispecchia in Ground Zeroes fallendo miseramente: Camp Omega, per quanto non piccolissima, non soddisfa appieno i requisiti imposti dallo stesso Kojima. I "molti" modi per completare una missione si riducono molto spesso in 2 o meno; questo non rovina affatto il Gameplay, ma lo priva di una caratteristica essenziale che avrebbe dovuto avere per sorreggere la virata improvvisa della serie. 

Metal Graphic Solid
Dal punto di vista tecnico possiamo affermare con certezza che il FoxEngine lavora egregiamente sui volti, sui tessuti e sulla gestione dell'illuminazione semplicemente fantastica; aggiungete a tutto ciò i 60fps stabili, ed avrete un gioco next gen che fa la sua degna figura. Il tocco Kojimese si sente, ed è percepibile dai dettagli curati dal modo certosino che caratterizzano le sue produzioni, e vede il culmine nella missione speciale "Dejà vu" la quale, per farla breve, è un Easter Egg gigantesco. Se si vuole andare a cercare il pelo nell'uovo è da segnalare la distanza di rendering delle ombre. Nulla che rovina l'immagine finale complessiva del gioco.
Oltre al brano "Here's to you" già citato, la produzione in generale non gode di un accompagnamento musicale all'altezza, soffermandosi su un livello complessivo discreto, dal quale si salva solo la musica scaturita dall'allerta, che con ritmo deciso ed incalzante innalza di non poco la tensione del momento. 



Pensiero Finale

Nell'insieme, Metal Gear Solid V: Ground Zeroes è un gioco che supera con non troppa fatica la sufficienza, sufficienza che non basta però a soddisfare le aspettative dei fan –e chissà, forse di Kojima stesso- fallendo nel raggiungere lo standard imposto dai capitoli precedenti. Il gioco riuscirà di certo ad impressionare il casual gamer di turno, ma difficilmente convincerà un appassionato di videogiochi, sottoscritto compreso.


Acquisto consigliato:
Valutazione Complessiva: 7,0

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